Moda sostenibile: come il riciclo di vestiti può aiutare a salvare il nostro pianeta

Il tema delle diverse alternative d’acquisto di vestiti è più attuale e sta interessando soprattutto i più giovani, coloro che sono maggiormente preoccupati per il futuro del nostro pianeta.

Moda sostenibile: in cifre

In Italia, il settore Tessile-Abbigliamento (TA) rappresenta ben il 4% del PIL nazionale: un settore da 66,1 miliardi di euro di fatturato annuo e che impiega ben 450.000 addetti distribuiti in più di 50.000 aziende di varia dimensione.

A fronte del 4% del PIL, questo settore incide, però, sulle emissioni di gas serra per il 10% del totale: parliamo di 3,4 milioni di tonnellate di gas inquinanti immessi nell’ambiente nel solo 2011. Questo dato relativo all’industria manifatturiera è dovuto:

  • all’approvvigionamento energetico a energia non rinnovabile;
  • all’ingente consumo di acqua impiegata nella produzione;
  • al pesante impiego di prodotti chimici per tintura, stampa e fissaggio dei tessuti.

Il dato rivela anche che in Italia i vestiti non vengono smaltiti correttamente e troppo spesso finiscono nella raccolta indifferenziata, andando ad aggravare il fattore inquinante del comparto moda.

Vestiti ecosostenibili

Come abbiamo appena visto, il settore moda fatica ad abbandonare le logiche dell’economia lineare “produci, consuma e butta”.

Per fortuna, negli ultimi anni assistiamo a un timido cambiamento di rotta a favore del riciclo o del riuso di vestiario. Ecco cosa si può fare per rendere l’intero settore moda sostenibile e ben inserito nell’economia circolare.

Come riciclare vestiti

Sperando che anche l’industria tessile diventi ecosostenibile migliorando i suoi metodi di produzione al fine di ridurre i fattori inquinanti, noi, da consumatori, possiamo contribuire alla salvaguardia dell’ambiente. Ecco alcuni consigli di economia circolare applicata al settore moda.

Abiti usati e nuovi: tessuti da preferire

Per qualsiasi forma di acquisto, andrebbero sempre preferiti tessuti a fibra naturale: lino, cotone, lana, modal (ricavato dal faggio), seta, canapa tessile, ecc.

Le fibre sintetiche, come poliestere, acrilico, nylon, lycra, ecc. oltre a essere poco adatte alla pelle sono altamente inquinanti perché, lavaggio dopo lavaggio, rilasciano in mare un quantitativo enorme di microplastiche. Inoltre, salvo rarissimi casi, i tessuti sintetici non sono riciclabili. Iniziare a riciclare i propri vestiti è un piccolo passo per ridurre il nostro consumo di plastica.

Negozi equo solidali

Produrre fibra tessile naturale ha un costo estremamente elevato in termini di deforestazione e disboscamento. Infatti, ad esempio, è necessario molto spazio per le piantagioni di cotone. L’unico modo è cercare di ridurre il più possibile lo spreco di risorse e acquistare e rivendere i capi usati attraverso i circuiti equosolidali.

Esistono mercatini dell’usato, negozi, siti internet, app., gruppi Facebook di scambio organizzati per città e tantissimi altri modi anche più semplici, come quello di regalare i vestiti non utilizzati a un’amica, un gesto gratificante e allo stesso tempo ecologico.

Come utilizzare ritagli di tessuto

Non c’è limite alla creatività nel decoupage applicato al riciclo di vestiti. A un vecchio jeans potremmo tagliare le gambe all’altezza del cavallo, cucire le estremità rimaste aperte e utilizzarlo come resistente sacca per la spesa, comodissima se infiliamo nei passanti un laccio per farla diventare una tracolla.

Cucendo l’estremità inferiore della gamba del jeans tagliato si ottiene una custodia utile per oggetti lunghi, come l’ombrello, l’ombrellone da mare, oppure può essere un’ottima sacca salvaspazio per i giochi dei bambini.

Anziché acquistare panni elettrostatici usa e getta, ci basta tagliare in stracci i vecchi maglioni di lana: la lana è naturalmente elettrostatica e può essere comodamente rilavata.

E.ON sostiene forme di economia circolare e promuove con ogni mezzo la riconversione energetica a favore delle energie rinnovabili, perché è importante che anche l’energia impiegata nella produzione dell’abbigliamento non vada sprecata, ma sia rigenerata tramite un nuovo uso alternativo.

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