Il buco dell’ozono: che cos’è e come mai si è chiuso

Il più grande buco dell’ozono esistente, situato sopra l’Antartico, si è chiuso a dicembre 2020: questa notizia, comunicata dall’Organizzazione Mondiale della Metereologia (WMO), ha fatto il giro del mondo in poco tempo. Una notizia positiva perché il buco dell’ozono nel 2020, dopo l’estate, aveva raggiunto la grandezza record di ben 24,8 milioni di chilometri quadrati, destando non poche preoccupazioni.

Ma perché si è chiuso e perché questa notizia è importante? 

Che cos’è il buco dell’ozono?

L’ozono è uno dei gas naturalmente presenti nell’atmosfera terrestre e, come diversi studi hanno mostrato, ha un ruolo chiave nella tutela della vita sul nostro Pianeta. L’ozono in atmosfera costituisce uno strato protettivo (l’ozonosfera), che svolge l’importante funzione di bloccare il passaggio dei raggi UV provenienti dal sole e le conseguenti radiazioni ultraviolette molto pericolose per la vita. Senza l’ozono, infatti, la vita sul nostro pianeta non si sarebbe mai sviluppata.

La quantità di ozono in atmosfera non è sempre costante. Non è inusuale, infatti, che avvenga una riduzione dello strato di ozono in diversi periodi dell’anno; nella storia del nostro Pianeta ci sono stati momenti in cui lo strato protettivo si accentuava mentre in altri si assottigliava. 

La stessa distribuzione dell’ozono non è costante e, in zone come ai poli e all’equatore è sempre stato più sottile. La presenza di ozono in atmosfera è sicuramente determinata e influenzata da diversi fattori naturali, tra cui anche la temperatura atmosferica, ma nell’ultimo secolo l’intervento umano ha cominciato a influenzare consistentemente il livello di ozono.

Le cause del buco dell’ozono

A partire da fine degli anni 80 diversi ricercatori avevano mostrato come lo strato di ozono presente sopra l’Antartide era diminuito di circa il 40%. Proprio come per l’effetto serra, anche la formazione del buco dell’ozono è una conseguenza della preoccupante immissione in atmosfera di sostanze inquinanti.

Le sostanze maggiormente responsabili sono i cosiddetti Cfc (clorofluorocarburi), dei gas diffusi nelle bombolette spray o nei circuiti refrigeranti di frigo e condizionati, oltre che in lavorazioni industriali specifiche (come ad esempio per produrre il polistirolo espanso).

L’eccessiva presenza di queste sostanze in atmosfera fa ridurre la quantità di ozono in modo considerevole, tanto da permettere il passaggio di alcuni raggi UV. Se nella storia della Terra tali oscillazioni avvenivano lentamente, dando la possibilità alle specie vegetali e animali di adattarsi, l’intervento umano ha causato un’accelerazione inedita dell’espansione del buco dell’ozono.

Questo potrebbe riportare conseguenze negative per la salute umana, degli animali e soprattutto delle piante – che vedono ridurre la loro attività di fotosintesi.

Buco dell’ozono oggi, perché si è chiuso

La chiusura del buco dell’ozono è quindi un’ottima notizia per il Pianeta, ma occorre capire come e perché questo fenomeno è potuto accadere.

La quantità di ozono nell’atmosfera varia in base al periodo dell’anno; solitamente, infatti, il buco dell’ozono si “apre” (quindi la quantità di ozono diminuisce notevolmente) nel periodo che va da agosto a ottobre per poi “chiudersi” nella parte finale dell’anno (la quantità di ozono si alza e torna entro una soglia normale). 

Nel corso del 2020 un vortice polare molto forte ha fatto mantenere la quantità di ozono molto bassa, riducendo così lo strato di ozonosfera. A settembre, infatti, il buco aveva raggiunto una grandezza record e molte erano le preoccupazioni.

A dicembre, contro ogni previsione, il buco si è invece completamente chiuso. 

Ciò che ora il WMO cerca di spiegare sono le dinamiche che hanno portato a questa situazione. Secondo le ultime analisi, l’ampliamento del buco era stato provocato sia dalla presenza di temperature fredde in atmosfera sia da un vortice polare molto freddo e forte. La differenza tra 2019 e 2020 dimostra la variabilità della presenza di ozono in atmosfera, che è causata non solo dall’azione dell’essere umano ma in parte anche dagli eventi atmosferici. 

Non possiamo escludere che la riduzione delle emissioni causate dai prolungati periodi di lockdown a livello mondiale abbiano potuto portare alla chiusura del buco a fine 2020. Ecco perché l’Oganizzazione Mondiale della Metereologia invoca l’importanza del protocollo di Montreal, un accordo internazionale siglato nel 1987 il cui scopo è la riduzione progressiva di emissioni dei Cfc, in modo da tutelare l’ozonosfera. 

Grazie a questo accordo molti passi avanti sono stati fatti, come il divieto di usare sostanze dannose: questa è la direzione giusta per poter riportare la situazione in atmosfera come prima che le emissioni di Cfc creassero la drastica riduzione dell’ozono.

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