L’estate del 2024 ha fatto registrare un nuovo record di temperatura delle acque superficiali del Mar Mediterraneo. L’11 agosto la temperatura media giornaliera di tutti i punti di rilevazione è stata di 28,16°C (Fonte: CEAM, Centro de Estudios Ambientales del Mediterráneo, centro di ricerca spagnolo), la più alta mai registrata da quando sono iniziate le rilevazioni nel 1982! Il precedente record era soltanto di un anno fa, del 2023.
Il riscaldamento delle acque è un fenomeno evidente e, sulla base delle tendenze che vengono costantemente aggiornate grazie alle misurazioni giornaliere, si può dire che sia in crescita. C’è però un altro fenomeno altrettanto importante: la tropicalizzazione del Mediterraneo. Forse è addirittura più rilevante, per le conseguenze dirette e indirette sull’intera area mediterranea. Scopriamo insieme perché i due fenomeni, sebbene collegati, rimangano distinti, e perché la tropicalizzazione del mare nostrum dovrebbe riguardare tutti noi. Quali sono i suoi principali effetti sugli ecosistemi? Cosa possiamo fare per evitare o mitigare le conseguenze dei cambiamenti in atto, climatici e ambientali?
Infatti, se vogliamo difendere l’integrità degli ecosistemi che sono la nostra “casa”, in E.ON siamo convinti che alla consapevolezza vada sempre affiancato l’impegno concreto. Ecco perché con il nostro progetto Energy4Blue, per il ripristino delle praterie di Posidonia oceanica e la tutela della biodiversità, da anni offriamo il nostro sostegno al Mediterraneo. E non intendiamo fermarci!
Cos’è la tropicalizzazione del Mediterraneo?
Per tropicalizzazione del Mediterraneo si intende un processo di trasformazione del nostro mare verso condizioni più simili, o addirittura uguali, a quelle dei mari tropicali. Questo processo si caratterizza per l’insediamento di specie animali e vegetali provenienti da zone tropicali o sub-tropicali, in grado sia di adattarsi che di proliferare a causa di condizioni ambientali più favorevoli rispetto al passato.
Esiste poi un fenomeno per certi aspetti simile, ma differente: la meridionalizzazione del Mar Mediterraneo. Con questo termine si intende lo spostamento, la migrazione, verso le coste settentrionali del Mediterraneo di specie e organismi tipici delle coste meridionali, quelle africane, più calde.
Cause: perché il mar Mediterraneo si sta tropicalizzando?
I due fenomeni, tropicalizzazione e meridionalizzazione, sono quindi distinti, sebbene la causa principale sia la stessa per entrambi: il riscaldamento delle acque.
A sua volta, il riscaldamento delle acque dipende dal global warming. Tra l’altro, per estensione, profondità e modesto ricambio delle acque, il Mediterraneo è un bacino sostanzialmente “chiuso” rispetto agli oceani e ai grandi mari in cui scorrono correnti imponenti. Non sorprende, allora, che si sia scaldato il 20% più velocemente rispetto alla media globale degli oceani e che da anni sia considerato un “hot spot”: un punto caldo particolarmente sensibile ai cambiamenti climatici e, per questo, da studiare e monitorare con particolare attenzione.
Tra le cause, accanto al riscaldamento delle acque vanno anche considerate tutte le attività umane come la pesca intensiva, l’inquinamento e il traffico eccessivo per scopi commerciali e turistici. Queste attività, purtroppo, alterano gli habitat e, di conseguenza, indeboliscono le specie autoctone, favorendo il sopravvento delle specie tropicali.
Da dove arrivano le nuove specie animali e vegetali invasive?
- Dal canale di Suez: il bacino artificiale egiziano è una vera e propria porta aperta verso il Mediterraneo per tutte le specie animali che normalmente stanziano nel Mar Rosso e nell’Oceano Indiano.
- Dallo Stretto di Gibilterra: questa seconda porta mette in comunicazione il nostro mare con l’Oceano Atlantico ed è il principale passaggio per le specie che vivono nei mari più caldi delle coste africane, sia della fascia sub-tropicale che tropicale.
- Dalle acque di sentina delle navi: sulle imbarcazioni c’è una zona, la sentina, in cui vengono raccolte tutte le acque di scarico prodotte, cui si aggiungono infiltrazioni e scoli vari. Scaricare in mare le acque di sentina significa “liberare” ospiti raccolti magari a migliaia di chilometri di distanza.
Effetti: le conseguenze del cambiamento climatico nel Mediterraneo
Quali sono gli effetti di un Mediterraneo più caldo e, quindi, della sua tropicalizzazione?
- Alterazione degli ecosistemi: la temperatura più alta influisce sulla diffusione delle praterie di Posidonia oceanica e dei coralli, con conseguenze a catena sugli habitat circoscritti e, più in generale, sui grandi ecosistemi.
- Cambiamenti nella biodiversità: la temperatura più elevata è un elemento di stress per le specie autoctone, mentre è un fattore favorevole per le specie tropicali. Se a queste differenze di adattamento aggiungiamo habitat ed ecosistemi cambiati, si comprende la difficoltà nel sostenere la concorrenza da parte delle popolazioni animali e vegetali autoctone. Popolazioni spesso destinate al declino.
- Impatto sulle attività economiche: la tropicalizzazione del Mediterraneo non permette più lo stesso sfruttamento del mare di prima, dal punto di vista della pesca. Molte specie di pesci non possono essere più prelevate negli stessi quantitativi cui eravamo abituati. D’altra parte, le nuove specie ancora non sono entrate nella cultura culinaria e nei consumi di molti paesi mediterranei.
- Eventi meteorologici estremi: più calore significa più energia in gioco, sotto forma di vapore acqueo. Più energia significa contrasti più accentuati tra masse d’aria di diversa estrazione e temperatura, con formazione di cicloni mediterranei più simili agli uragani tropicali.
Le specie aliene del Mare Nostrum
Le specie considerate aliene nel Mediterraneo sono 955 e rappresentano circa il 6% della biodiversità complessiva! Di queste 134 sono da ritenersi invasive, in grado, cioè, di adattarsi perfettamente ai nuovi habitat, causando danni alle specie autoctone, agli ecosistemi e, in alcuni casi, addirittura alle popolazioni umane.
Tra le specie aliene maggiormente note e, purtroppo, ormai diffuse ricordiamo:
- La caulerpa, un’alga tropicale dalla crescita impressionante, anche 3 cm al giorno, che può interferire con le praterie di Posidonia oceanica, altre specie autoctone come spugne, ricci, gorgonie e con l’attività di pesca.
- La medusa nomade dell’Oceano Indiano, arrivata attraverso Suez, risalendo le coste israeliane, e avvistata anche in Sicilia; oltre a essere molto urticante può intasare le reti dei pescatori, risultando così dannosa per il turismo e la pesca.
- Il granchio reale blu (di origine atlantica) e il granchio blu del Mar Rosso; è soprattutto il primo ad avere avuto un impatto impressionante sulle specie autoctone e sulla nostra economia. Si stima addirittura che abbia causato danni per circa 100 milioni di Euro al settore della pesca. Questo perché è un predatore onnivoro che in alcune zone, come il delta del Po e in genere le coste dell’alto Adriatico, ha letteralmente decimato le popolazioni di vongole veraci, telline, cozze, ostriche, gamberi, astici, scampi, aragoste, pesci di fondale (si pensi alle sogliole) e alghe.
- Il pesce gatto dei coralli, la cui puntura può avere anche effetti letali. La sua diffusione è ancora contenuta, soprattutto nel Mediterraneo occidentale; tuttavia, gli impatti di una sua esplosione demografica potrebbero alterare habitat e biodiversità.
- Il pesce palla maculato, presente da ormai circa 10 anni nei nostri mari, soprattutto in Sicilia e, secondo recenti catture, lungo le coste adriatiche. Va segnalato per il morso doloroso e il divieto assoluto di consumo alimentare. Le sue carni, infatti, sono tra le più tossiche e pericolose se ingerite, anche previa cottura.
- Il pesce scorpione, dalle spine lunghe e velenose, in grado di impattare sulla fauna locale per la sua grande attitudine, e capacità, predatoria; si nutre di grandi quantità di avannotti, i giovani dei pesci, alterando gli habitat costieri.
- Il pesce coniglio, con una pinna dorsale che può causare dolorose punture. La sua diffusione, inoltre, potrebbe creare seri problemi agli habitat delle zone rocciose e ricche di scogli. Infatti, è un pesce brucatore, capace di ripulire dalle alghe interi tratti di costa, lasciando scoperte le rocce subacquee e distruggendo così spazi che da sempre sono le nursery di molte specie autoctone.
- Il pesce pietra, con spine velenose sulla pinna dorsale, il cui veleno può avere effetti letali per l’uomo. Prediligendo le zone ricche di coralli, la sua diffusione mette a rischio gli equilibri ecosistemici delle aree marine di maggior pregio ambientale.
Ma per alterare un ecosistema non è necessario essere velenosi, mordaci, urticanti o comunque pericolosi per l’uomo. Anche altre specie possono costituire un rischio per la biodiversità dei nostri mari. Basti pensare alla lepre di mare, al pesce sergente, al pesce chirurgo, alla triglia tropicale o al pesce flauto!
La piantumazione della Posidonia oceanica e gli altri progetti di E.ON per combattere il cambiamento climatico
Con il progetto Energy4Blue vogliamo dare un contributo nel fronteggiare l’emergenza dei mari. Anche perché la metà dell’ossigeno del Pianeta proviene dagli ecosistemi marini e tutelarli, mitigando gli effetti di fenomeni come la tropicalizzazione, nel caso del Mediterraneo, vuol dire impegnarsi per la sostenibilità a 360 gradi e le nuove generazioni.
Grazie al progetto Save the Wave, in collaborazione con IOC-UNESCO, la Commissione Oceanografica Intergovernativa dell’Unesco, dal 2019 tuteliamo e ripristiniamo gli ecosistemi marini, in particolare le praterie di Posidonia oceanica, polmone fondamentale, con la sua capacità di liberare, ogni giorno, fino a 20 litri di ossigeno per metro quadrato!
Le nostre iniziative, nelle Isole Tremiti in Puglia e sulla spiaggia di Mondello a Palermo, vogliono anche creare consapevolezza tra i cittadini e i più giovani. Rimangono perciò fondamentali il coinvolgimento delle comunità locali e la partecipazione degli studenti, che diventano così protagonisti di attività concrete, capaci di integrarsi con i programmi scolastici all’insegna della scienza e del divertimento. Le nostre Summer School sono un ulteriore iniziativa pensata per i ragazzi, per la loro crescita e per diffondere cultura ambientale.
Scopri tutte le iniziative di Energy4Blue e unisciti a noi nella tutela della biodiversità del nostro mare!
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